Il punto sulla Serie A: giornata 10

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Vince ancora la Juventus e, vista la contemporanea sconfitta del Napoli a Bergamo, scappa ancora più su in testa alla classifica. La Lazio pareggia in casa contro il Torino, la Fiorentina vince a Genova, mentre la Roma di Zeman subisce l’ennesima rimonta della sua stagione e perde a Parma. Il Milan raccoglie un pareggio in extremis a Palermo e l’Inter di Stramaccioni vince di nuovo, portandosi 2° in classifica da sola alle spalle della Juventus.

28 su 30. Un solo pareggio e nove vittorie. Nette e meno nette, non importa, basta vincere. Come quella di mercoledì sera contro il Bologna, arrivata al minuto 92, con una squadra in pieno regime di turnover. La verità è una sola: le concorrenti dei bianconeri puntavano forte sulla fatica che avrebbe portato il doppio impegno in Italia e in Europa, ma la realtà ci dice che la Juventus, almeno nei confini nazionali, vince sempre e comunque, con Vidal o con Giaccherini. Non cambia nulla. Se poi dovesse esplodere sul serio quel bel giocatore che risponde al nome di Paul Pogba, i tifosi juventini possono dormire sogni tranquilli.

Cadere una volta può essere un imprevisto. Cadere sempre in trasferta diventa una patologia. Il Napoli non sa più vincere fuori dal San Paolo e deve cedere altri tre punti alla capolista, che vola a sei lunghezze di distanza. L’assenza di Cavani può giustificare solo in parte la sconfitta contro l’Atalanta a Bergamo. Gli undici in campo avrebbero potuto portare a casa la vittoria senza troppe difficoltà. Mazzarri, a differenza di Conte, sta facendo turnover in Europa League e non in campionato, proprio per tener testa alla Juventus. Ma se i risultati sono questi, non crediamo che il Napoli, per l’ennesimo anno di fila, possa competere seriamente per la conquista del titolo.

Chi ci aveva dato quest’impressione già qualche settimana fa è la Lazio di Petkovic, che dimostra tutti i suoi limiti senza Hernanes e Ledesma (espulsi a Firenze nello scorso turno) contro il Torino a Roma. I biancocelesti vanno in svantaggio e hanno la forza di rimontare, ma l’organico a disposizione non permette sciocchezze tipo quelle dei due giocatori espulsi al “Franchi”: le riserve, per quanto impegno ci mettano, non sono al livello dei titolari. La sensazione è che se la Lazio avrà a disposizione sempre i migliori undici, allora potrà competere per il terzo posto, altrimenti dovrà accontentarsi di un altro piazzamento in Europa League.

Europa League che potrebbe star stretta alla Fiorentina di Vincenzo Montella, che gioca senza ombra di dubbio il miglior calcio d’Italia. Giovedì sera a Genova (dove hanno vinto per 1 a 0), i viola hanno giocato un calcio “catalano”, fatto di fraseggio corto e tanto movimento, fin dai difensori. Roncaglia, Gonzalo e Savic non hanno giocato la palla lunga nemmeno una volta in novanta minuti, trovando sempre un centrocampista o un esterno libero su cui appoggiarsi. A volte hanno corso dei rischi, ma almeno Montella sta cercando di far vedere qualcosa di diverso in un panorama che sembra sempre più piatto.

Proprio colui che avrebbe dovuto stravolgere il modo di giocare “all’italiana” della nostra Serie A, sta annaspando tra incomprensioni tattiche e difese ballerine. Zdenek Zeman non sta riuscendo a far giocare la sua Roma come il suo Pescara, per citare l’esempio più recente, e perde anche contro il Parma, per 3 a 2. La scusa dei giocatori non di livello non convince. Con tutto il rispetto, Zanon, Balzano, Romagnoli, Lund Nielsen e Cascione non sono giocatori di prima fascia (neppure in Serie B), eppure riuscivano a fare la differenza. Il centrale di centrocampo di quel Pescara era Marco Verratti, giocatore dal baricentro basso e dalle gambe e cervello veloci. Panagiotis Tachtsidis è un giocatore dal baricentro alto e, inoltre, il Tachtsidis di questo inizio stagione ci appare con gambe e cervello che più lenti non si può. De Rossi gioca mezzala e Pjanic guarda le partite dalla panchina, come Mattia Destro. Cosa abbia in testa il boemo non si sa, di sicuro c’è che la sua Roma è ufficialmente in crisi.

E’ ormai abituato ad entrare e uscire dalle crisi Massimiliano Allegri con il suo Milan. La partita di Palermo ne è l’esempio perfetto. Primi 50 minuti in profonda crisi di gioco e di risultato (con ennesimo modulo nuovo, questa volta un 3-5-2 con il redivivo Flamini titolare), secondi 40 minuti in grande spolvero, con aggressività costante e cambio di modulo che hanno portato al pareggio in extremis, con il piccolo faraone El Shaarawy ancora a segno. Anche Allegri sembra non essere più capace di tastare il polso della sua squadra, di capire come schierarla e farla giocare in campo. La sensazione è che stia quasi andando a tentativi. Gli manca giusto il 4-4-2 di sacchiana memoria e avrebbe provato tutti i moduli possibili. Ha provato con Boateng, ha provato senza. Ha provato Pazzini, poi Bojan e ora Pato. Prova De Sciglio, poi di nuovo Abate. Antonini, poi Costant. E se invece si provasse a fare a meno proprio di lui, di mister Allegri?

Merita la chiusura e, quindi, tutte le attenzioni l’Inter di Stramaccioni. Strama come Mou. Non siamo noi a dirlo, ma i numeri. Nelle prime 19 partite sulla panchina nerazzurra, il caro vecchio Josè raccolse la bellezza di 13 vittorie, proprio come l’attuale allenatore dell’Inter, che dalla sua ha anche due derby vinti su due, mentre Mourinho aveva perso il primo derby da allenatore per colpa di Ronaldinho. Il momento attuale dell’Inter è figlio delle 8 vittorie consecutive tra campionato e Europa League, il gioco migliora, l’autostima cresce. Cassano, Milito e Palacio si divertono e fanno divertire. Il centrocampo è talmente solido che anche uno come Guarìn non ha il posto assicurato, la difesa ha trovato i suoi meccanismi con Ranocchia, Samuel e Juan. Il tutto condito da ventiquattro punti. In qualsiasi altro anno sarebbero valsi il primo posto, probabilmente in solitaria. E invece davanti c’è una Juventus che non perde mai e che nove volte su dieci vince. Diciamo che le premesse per vedere un bellissimo scontro diretto sabato sera allo “Juventus Stadium” ci sono tutte. Vinca il migliore, vinca chi merita.

Francesco Mariani
Francesco Mariani
Twitter addicted, vive di calcio. In campo è convinto di essere Pirlo, ma in realtà è un Carrozzieri qualunque. Per lui il trequartista è una questione di principio.

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